«Conoscevo il TAF prima che nascesse»
La porta del suo ufficio è aperta. Sulla scrivania ben ordinata fanno sfoggio di sé pile di incarti. Con calma sfoglia il raccoglitore per riporre correttamente gli atti che tiene in mano. Si capisce che è ancora immerso con i pensieri nei documenti che stava leggendo. Sulle prime non nota il visitatore che si è affacciato alla porta. «Oh mi scusi, entri pure, prego!» dice poi gentilmente alzando lo sguardo. Vestito con sobria eleganza, con un simpatico sorriso, invita a entrare. Alle pareti sono appesi diversi quadri, tra i quali anche uno storico sulla Conferenza di Locarno del 16 ottobre 1925 ereditato dal bisnonno. Gli scaffali sono pieni e anche sul tavolo riservato ai colloqui ci sono dei documenti. Pietro Angeli-Busi è giudice al Tribunale amministrativo federale sin dal 2008. Ma del TAF aveva già sentito parlare quattro anni prima che fosse costituito. Nel 2003, quando lavorava per l’Ufficio federale di giustizia, aveva l’ufficio sullo stesso piano di Christoph Bandli, il responsabile dei lavori per la costituzione del tribunale (e più tardi suo presidente) aveva coinvolto regolarmente Pietro Angeli-Busi nella stesura dei testi in lingua italiana. «Quindi conoscevo il TAF prima che nascesse».
Giudice multidisciplinare
Pietro Angeli-Busi, padre di un figlio ormai tredicenne, ha iniziato lavorando per quattro anni come giudice alla Corte IV, per poi passare alla Corte II nel 2012. Lavorare per una corte competente in materia d’asilo gli piaceva, ma siccome in passato si era occupato di diritto economico, in particolare di riciclaggio di denaro, a 37 anni ha colto la palla al balzo per passare a un’altra corte. «La maniera di lavorare può variare da una corte all’altra». A livello quantitativo, spiega, quando si occupava di procedure in materia d’asilo evadeva molti più casi rispetto a oggi. In effetti, da un lato i dossier in materia d’asilo sono generalmente meno voluminosi e, dall’altro, la Corte II tratta spesso questioni giuridiche complesse e nuove. Ma non per questo si lavora di meno: «Il ritmo è forse più lento, ma l’intensità resta elevata». Per ora non ha intenzione di cambiare corte ancora una volta. Comunque, se il carico di lavoro lo permette, dà volentieri man forte alle altre corti, com’è accaduto l’anno scorso, quando ha trattato casi della Corte III in materia di assicurazione invalidità.
«La maniera di lavorare può variare da una corte all’altra.»
Pietro Angeli-Busi
Nostalgia dell’italianità
Con la sua conversazione piacevole e il sorriso cordiale, Pietro Angeli-Busi racconta anche aneddoti della propria vita. Cresciuto in Ticino, non gli importa in quale regione della Svizzera tedesca vivere e lavorare, perché è capace di ambientarsi ovunque. «Faccio parte di quelli che a 18 anni erano contenti che in Ticino non esisteva un’università», per poter levare l’ancora e lanciarsi nella vita adulta. Si trova molto bene nella Svizzera tedesca, ma con il passare degli anni sente più spesso il desiderio di trascorrere del tempo dove ha le sue radici. Perché «la vitalatina è indiscutibilmente bella».
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