Trasparenza: la giustizia vista dall’uomo della strada

Le aspettative dei media e del pubblico in materia di trasparenza sono incompatibili con la discrezione cui è tenuto un tribunale? Un viaggio alla scoperta di possibili migliorie con Bertil Cottier, professore onorario all’Università di Losanna.

08.03.2021 - Alyssia Talon

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Bicchiere d'acqua su bilancia bilanciata
Foto: iStock

Per Bertil Cottier sono due i fattori che rendono difficile la comunicazione tra cittadini e tribunali. Il primo: la giustizia è esercitata da un giudice che, in virtù della sua formazione giuridica, appartiene a una casta che segue gli stessi codici e parla lo stesso linguaggio inaccessibile all’uomo della strada. Il secondo: la percezione della giustizia è distorta. Il cittadino comune considera la giustizia lontana dal suo sistema giuridico, poiché la vede attraverso la lente deformante delle serie televisive e dei film americani. Entrambi questi elementi falsano il contatto del pubblico con la giustizia.

La prima impressione conta

Il sito Internet gioca un ruolo primario per ristabilire questo contatto. E, come osserva Bertil Cottier, il TAF ne ha uno molto ben strutturato che mette subito in evidenza le decisioni recenti più rilevanti: «Un tribunale amministrativo prende decisioni che possono avere ripercussioni enormi sulla nostra vita quotidiana. Eppure la giustizia amministrativa è particolarmente misconosciuta.»

«Sulla homepage i temi sono spiegati chiaramente in un linguaggio semplice e accessibile.» Una rivoluzione, secondo Cottier: «Sembra un’inezia ma è fondamentale per creare il dialogo. Il sito trasmette l’immagine di un tribunale vicino alla popolazione.» Tocca poi al servizio comunicazione trovare le sentenze più interessanti per i media e il pubblico. Anche se, fa notare Cottier, certe decisioni meriterebbero di essere spiegate attraverso altri canali che non un comunicato stampa. Ma come?

«Il diritto non è univoco, non è matematica: è una questione di valori.»

Bertil Cottier

Dalla comunicazione attiva alla comunicazione proattiva

Solitamente, si distinguono due livelli di comunicazione: passiva e attiva. La comunicazione passiva tollera, in un certo senso, l’accesso all’informazione. È di fatto praticata da tutti i tribunali, ma «risponde alle aspettative dei giuristi, non a quelle del pubblico o della stampa», ritiene Bertil Cottier. «I media e i cittadini hanno bisogno che le sentenze siano decriptate.» Ed è là che la comunicazione attiva entra in gioco: pubblicando ad esempio un comunicato stampa, il TAF porta i fatti a conoscenza del pubblico e spiega le sue scelte.

A questi due livelli Bertil Cottier ne aggiunge un terzo: quello della comunicazione interattiva. «Non si tratta di twittare alla Trump, ma di organizzare una conferenza stampa o magari un’intervista più riservata quando un caso complesso merita spiegazioni più approfondite.» E, in quel caso, non guasta che sia lo stesso presidente della corte a prendersi il tempo di rispondere alle domande dei giornalisti. Ex cronista giudiziario per il quotidiano «24 heures», Cottier ricorda un giudice del Tribunale federale che non esitava a invitare i giornalisti a prendere un caffè per spiegar loro i punti importanti di una decisione al termine di una seduta pubblica. Ma, ovviamente, ciò presta il fianco alla critica…

Più trasparenza

«Perché i giudici – i rappresentanti di questo famoso terzo potere – fanno così fatica a vedere il proprio lavoro messo in discussione da attori che non sono professionisti del diritto?», si chiede Bertil Cottier. La ragione principale è il bisogno di serenità necessaria all’esercizio indipendente della propria attività. Eppure, «la critica è fondamentale in una democrazia», prosegue Cottier. E dovrebbe essere ammessa anche a livello giuridico, oltre che esecutivo e legislativo. Del resto, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato che le idee che urtano, scioccano o turbano fanno parte del «caos della vita democratica» e come tali devono essere tollerate. Sempreché la critica sia fatta «con garbo, su toni moderati e nel rispetto dei giudici.»

Insomma, una maggiore trasparenza sulle opinioni dissidenti andrebbe a vantaggio di tutti. È chiaro che le decisioni non vengono sempre prese all’unanimità, eppure in Svizzera ci si ritrae davanti a pareri divergenti e si crea un’unanimità di facciata. «La decisione non perderebbe credibilità: pubblicare queste opinioni permetterebbe, anzi, di capire meglio punti di vista differenti». Del resto, conclude Cottier, «il diritto non è univoco, non è matematica: è una questione di valori».

Ritratto di Bertil Cottier

Bertil Cottier

Professore onorario all’Università di Losanna

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