Comunicato stampa relativo alla sentenza F-1451/2022
Nessun visto umanitario per una vedova afghana
Per poter ottenere un visto umanitario, la vita e l’integrità fisica della persona interessata devono essere direttamente, seriamente e concretamente minacciate. Deve sussistere un pericolo individuale più grave di quello corso dal resto della popolazione nel Paese d’origine o di provenienza.
Una vedova afghana aveva presentato presso l’Ambasciata di Svizzera in Pakistan una domanda di visto umanitario per sé, per le sue due figlie e per il figlio minorenne. La Segreteria di Stato della migrazione (SEM) aveva rifiutato il visto e le interessate avevano impugnato la decisione negativa dinanzi al Tribunale amministrativo federale (TAF).
In una sentenza di principio il TAF conferma la decisione della SEM, secondo cui non può essere rilasciato un visto alle ricorrenti per il solo fatto che non dispongono di un capofamiglia di sesso maschile. Pur riconoscendo che dopo l’avvento al potere dei talebani nell’agosto 2021 la condizione delle donne e delle ragazze in Afghanistan si è costantemente degradata, questa situazione tocca allo stesso modo tutta la popolazione di sesso femminile, e non solo le ricorrenti individualmente. Anche tenendo conto degli attuali rapporti di potere in Afghanistan, il solo criterio dell’appartenenza al genere femminile non basta per sostanziare la palese esistenza nel caso specifico di un pericolo diretto, serio e concreto ai sensi della pertinente ordinanza concernente l’entrata e il rilascio del visto.
Questa sentenza è definitiva e non può essere impugnata dinanzi al Tribunale federale.
Delimitazione rispetto alla procedura d’asilo I presupposti per il rilascio di questo visto sono diversi da quelli previsti per il riconoscimento della qualità di rifugiato. La prassi relativa alla concessione dell’asilo non può essere direttamente trasposta all’esame di una domanda di visto d’entrata per motivi umanitari. |
Contatto
Rocco Maglio
Addetto stampa