Insieme per digitalizzare il TAF
Giovanni Melone, senza tecnologia dell’informazione (IT) il tribunale non avrebbe potuto lavorare durante il lockdown. Come ha vissuto questo periodo?
Oggi l’IT è importante ovunque, non solo nella vita professionale. È difficile immaginare anche la vita privata senza infrastrutture IT: dalla cassa del supermercato all’e-banking, dallo shop online al cellulare tutto è in rete. Il lockdown è stato molto stressante e impegnativo ma anche molto interessante. Almeno per me.
Prima della pandemia si sarebbe immaginato che il TAF passasse da un giorno all’altro a una percentuale così elevata di telelavoro?
Sì. Prima della pandemia però molte persone non conoscevano le possibilità che la tecnologia offre attualmente. Mancava anche la necessaria fiducia nella tecnologia e nelle persone, ma visto che il tribunale doveva funzionare anche durante il lockdown, non c’erano alternative. Quindi tutti si sono adeguati alla nuova situazione da un giorno all’altro e oggi i colloqui via Skype e le videoconferenze sono prassi corrente. Anche l’assemblea plenaria alla quale una metà ha partecipato in presenza e l’altra in remoto si è svolta senza nessuna difficoltà. Non dimentichiamo però che nel frattempo ci siamo dotati dell’infrastruttura tecnica necessaria.
«Oggi i colloqui via Skype e le videoconferenze sono prassi corrente.»
Giovanni Melone
Durante il lockdown ha sempre lavorato in presenza. Quali sono state le sfide più importanti e i problemi più frequenti?
La sfida più grande è stata quella di mettere a disposizione in brevissimo tempo un sistema stabile. Fortunatamente abbiamo potuto anticipare il lancio di un sistema che avevamo già programmato. Abbiamo inoltre dovuto organizzare, installare e configurare l’hardware (schermi e docking station) e il software (ad es. Adobe Acrobat) per tutto il personale. In brevissimo tempo abbiamo anche dovuto digitalizzare il maggior numero possibile di dossier. A tal fine abbiamo allestito lo Scancenter e organizzato i corsi di formazione in collaborazione con i giudici. Abbiamo poi dovuto risolvere i problemi tecnici causati dal sovraccarico di stampanti e scanner che non sono pensati per un uso così intensivo. C’erano poi le esigenze personali di molti collaboratori e collaboratrici che, lavorando da casa, si sono visti confrontati con nuove incognite. Abbiamo avuto davvero molto da fare ma in qualche modo siamo riusciti a superare anche questa fase.
Cosa l’ha sorpresa in positivo? E in negativo?
In positivo la coesione del tribunale e la collaborazione nei team e tra le corti. Tutti hanno fatto la loro parte senza discussioni. In negativo la pressione costante dovuta alla mancanza di personale.
In quale settore vede un margine per potenziare ulteriormente la digitalizzazione dopo questi progressi?
Ci sono processi ripetitivi che possiamo automatizzare. In linea di massima spero di poter portare avanti la digitalizzazione secondo le esigenze specifiche del TAF, di agevolare il lavoro di tutti e migliorare le prestazioni del Segretariato generale.
È il nuovo capoprogetto IT business requirements engineer (tecnico di definizione delle specifiche) e fornisce assistenza al programma di digitalizzazione eTAF. Al primo posto nella sua agenda ci sono i punti che ha appena menzionato?
Le priorità dei diversi progetti di digitalizzazione non sono di mia competenza anche se posso dire la mia. I punti che ho citato sono in ogni caso inseriti nei singoli progetti. Anche per questo ho accettato molto volentieri la nuova funzione. In generale, con il mio lavoro, cerco di rafforzare la fiducia nel digitale e il piacere di lavorare con queste soluzioni. Mi impegno anche a creare le condizioni quadro necessarie. Da parte di tutti i collaboratori e le collaboratrici mi aspetto la massima disponibilità possibile verso i nuovi sistemi e i nuovi processi. Se remiamo tutti nella stessa direzione, riusciremo a trasformare il TAF e a portare avanti la sua digitalizzazione.
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