Stimolare lo scambio
Cinzia Dal Zotto, perché la collaborazione è diventata così importante nel mondo del lavoro?
Le ragioni che spiegano questa sua crescente importanza sono diverse. Una è legata al fatto che il terziario è diventato il maggiore settore del nostro sistema economico e che è anche quello in cui si collabora maggiormente. Un ruolo preponderante lo ha pure avuto poi il cambiamento di natura del lavoro dovuto soprattutto all’impatto delle nuove tecnologie. Quando ognuno si specializza in una parte del lavoro è necessario collaborare con gli altri per fornire un servizio completo. La tecnologia, in più, ci permette di assumere esperti da tutto il mondo che possono collaborare e apportare il proprio contributo da lontano.
Appunto, come fare così per incoraggiare la collaborazione in seno a una squadra?
Innanzitutto bisogna trovare un obiettivo condiviso o un progetto comune ben definito. In seguito bisogna trovare incentivi che motivino le persone a lavorare insieme. Bisogna capire i bisogni dei collaboratori e adattare gli incentivi in modo che ognuno possa trovare un vantaggio nella collaborazione. Sarebbe anche utile formare gli impiegati a collaborare, per esempio organizzando incontri di team building, in cui le persone che lavorano in una stessa squadra si riuniscono per far esercizi insieme, imparare a conoscersi meglio e a condividere delle esperienze. Last but not least, bisogna cercare di costruire una cultura della collaborazione in seno alle organizzazioni. E per far questo, i capi sono i primi a dover dare l’esempio, adottando uno stile di direzione orientato piuttosto alla partecipazione.
In cosa il conoscersi meglio rafforza la coesione di una squadra?
Una volta che si è stabilito un legame personale tra i membri di una squadra, diventa più facile collaborare. Aiuta ad avere un altro atteggiamento gli uni verso gli altri. L’importante nella collaborazione è, in definitiva, aiutarsi mutualmente. Tutte le persone che collaborano a un progetto devono sapere chi fa cosa per poter successivamente intervenire, capire come apportare il proprio contributo o poter magari dare il cambio se qualcun altro è sovraccarico.
Cioè?
Bisogna veramente fare in modo che l’informazione circoli tra tutte le persone interessate per raggiungere un livello di trasparenza elevato. E per farlo non bisogna esitare a utilizzare i diversi canali di comunicazione che sono a nostra disposizione, dala posta elettronica al telefono, agli incontri sul posto di lavoro e ai tanti altri ancora. La comunicazione e la trasparenza sono davvero alla base di una buona collaborazione.
«Last but not least, bisogna cercare di costruire una cultura della collaborazione in seno alle organizzazioni. E per far questo, i capi sono i primi a dover dare l’esempio, adottando uno stile di direzione orientato piuttosto alla partecipazione.»
Cinzia Dal Zotto
Non tutti sono manager nati. Che competenze bisogna acquisire per imparare a gestire una squadra?
È importante innanzitutto lavorare sulle proprie competenze relazionali. Capacità come la scioltezza nel parlare, l’ascolto attivo o l’empatia sono molto utili per gestire una squadra e ci sono tutta una serie di tecniche per svilupparle. Sviluppare la nostra empatia per capire in che situazione si trovi l’altro e poterlo così aiutare concretamente, anche questo è molto importante. Bisogna poi sviluppare le proprie competenze manageriali, cioè lavorare sulla nostra capacità di motivare e al contempo responsabilizzare i collaboratori, renderli attenti al fatto che vi sono delle esigenze da rispettare. È primordiale, infine, migliorare le proprie competenze organizzative. Bisogna essere al tempo stesso pragmatici, realisti e avere una visione d’insieme della situazione. Certe persone hanno già delle loro competenze, altre ne hanno di meno, ma possono comunque svilupparle attraverso la formazione o l’esperienza.
Il telelavoro diventa sempre più presente. A cosa bisogna fare attenzione perché non ostacoli la collaborazione?
Il telelavoro porta molti vantaggi, ma occorre in effetti fare attenzione che non sostituisca completamente il lavoro in presenza, con il rischio di far venir meno la coesione tra i membri di un’organizzazione. Un’altra cosa da tener presente è che il telelavoro non si confà necessariamente a ogni tipo di personalità. Le persone più estroverse avranno più facilità a lavorare da casa perché non avranno difficoltà a prendere l’iniziativa e chiamare i loro colleghi o scrivere loro una mail. Le persone più introverse avranno invece più tendenza a isolarsi, per cui hanno più bisogno di contatto fisico per interagire. Tener conto della situazione e della personalità dei dipendenti è dunque indispensabile quando si tratta di pianificare il lavoro a domicilio, così come primordiale è avere un regolamento chiaro sull’argomento al fine di evitare malintesi o disparità di trattamento e in cui sarebbe fra l’altro bene menzionare degli orari precisi durante i quali i collaboratori devono essere online, affinché questo non freni nessuno dal telefonare e che l’equilibrio tra vita privata e professionale resti garantito.
Se una persona non ha la tranquillità o lo spazio sufficiente per lavorare da casa, vi sono altre soluzioni cui poter ricorrere per evitarle almeno di compiere ogni giorno lunghi spostamenti?
Sì, una soluzione sarebbe fornire delle postazioni di lavoro in spazi di coworking vicine al domicilio dell’impiegato, che permette la tranquillità e lo spazio per potersi concentrare, risparmiandosi in più il tempo necessario per recarsi sul posto di lavoro.
La configurazione di spazi di lavoro collaborativo serve davvero a creare una cultura d’impresa in cui lo scambio sia più presente?
Sì, perché gli spazi di lavoro collaborativo stimolano proprio lo scambio! Non deve ovviamente diventare la regola, ma creare momenti per interagire è importante. Può rendere il lavoro più facile, più fluido.
E, per concludere, ha anche qualche consiglio su come includere tutti i collaboratori nel processo di digitalizzazione che stanno vivendo attualmente molte organizzazioni?
Oltre a insegnare ai collaboratori come utilizzare i nuovi strumenti a disposizione attraverso delle formazioni, trovo possa essere molto interessante sfruttare la collaborazione intergenerazionale. Creare gruppi di lavoro complementari, in cui i più pratici di nuove tecnologie possano trasmettere le loro conoscere in fatto di informatica agli altri, mentre questi forniscono loro le proprie conoscenze ed esperienze in altri settori, è a mio avviso un’ottima carta da giocare.
A proposito
- Titolare di un dottorato dell’Università di Regensburg in Germania e di un Master dell’Università cattolica di Milano in Italia, Cinzia Dal Zotto è stata professoressa assistente e direttrice di ricerca al Media Management and Transformation Centre della Jönköping International Business School in Svezia dal 2004 al 2008. Professoressa di gestione dei media all’Università di Neuchâtel, dove ha in particolare diretto l’Accademia di giornalismo e dei media dal 2010 et 2012, insegna ora gestione delle risorse umane alla Facoltà di scienze economiche della stessa università. Invited Professor in numerose università del mondo, le sue ricerche attuali vertono sulla trasformazione digitale in seno alle organizzazioni. Svolge anche attività di consulenza e formazione nei settori della gestione delle risorse umane e dello sviluppo organizzativo.
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