Vagliare l’essenziale

A detta del Cancelliere Lukas Abegg, l’intelligenza artificiale cambierà il lavoro della giustizia. Il docente per la trasformazione digitale dei Tribunali la usa già oggi per la ricerca giuridica e ritiene che presenti molti vantaggi ma anche alcuni pericoli.

24.10.2023 - Katharina Zürcher

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«L’ondata della digitalizzazione si abbatterà anche sull’industria del diritto»: Lukas Abegg, Cancelliere alla Corte II. (Foto: Daniel Winkler)

Lukas Abegg, come ha fatto a diventare esperto della digitalizzazione?

Durante gli studi di diritto a Basilea mi sono interessato molto ai diritti dei beni immateriali, che hanno inevitabilmente attinenza con le nuove tecnologie e anche con la digitalizzazione. Ho approfondito questa materia durante il master LL.M. negli USA. La mia tesi di dottorato sulla «Violazione dei brevetti mediante fabbricazione additiva (stampa 3D)» mi ha indotto inoltre a studiare in particolare l’essenza dei beni digitali. In genere partecipo volentieri alla promozione della digitalizzazione. Sono stato attivo alcuni anni nel Comitato della «Swiss Legal Tech Association» e oggi insegno la «Trasformazione digitale dei Tribunali» alla Scuola universitaria di economia di Zurigo nell’ambito del CAS in Legal Tech.

 

A proposito di digitalizzazione, attualmente si parla molto di intelligenza artificiale (IA). Cosa ne pensa?

L’intelligenza artificiale esiste da tanto tempo, ma attualmente è sotto i riflettori. Nelle cerchie di giuristi ci si chiede se l’IA renderà presto superflua la professione, ma per quanto mi riguarda sono piuttosto sereno. Già nel 2008 Richard Susskind ha scritto un libro dal titolo The End of Lawyers? e adesso, quindici anni dopo, il numero di avvocati è aumentato come non mai. Tuttavia bisogna tenere gli occhi aperti sull’evoluzione in corso: l’ondata della digitalizzazione si abbatterà anche sull’industria del diritto. Sbrighiamo sempre più lavoro con dispositivi mobili e registriamo i dati nei cloud. I programmi di ultima generazione funzionano essenzialmente su Internet e non possono più essere utilizzati senza cloud. La tecnologia e i prodotti migliorano sempre più, le applicazioni si estendono al grande pubblico e sono utilizzate negli studi legali e nei Tribunali.

 

Cosa dire della sicurezza dei servizi di cloud per dati sensibili come quelli giudiziari?

Effettivamente nel campo del diritto bisogna stare ancora più attenti. Ma in un certo senso è anche una fortuna, perché nessuno vorrebbe correre il rischio di rendere dati sensibili accessibili alle autorità giudiziarie americane ad esempio. I fornitori di servizi cloud in Svizzera possono usufruire di un argomento di vendita importante, in particolare quando si tratta di studi legali. D’altro canto però praticamente tutti i giuristi usano programmi Microsoft come Outlook, spesso senza sapere esattamente come vengono trattati realmente i dati.

 

L’intelligenza artificiale è già utilizzata in alcuni ambiti. A che punto è la giustizia?

Penso che al momento nell’ambito della giustizia svizzera si usino solo poche applicazioni basate sull’IA. Ma in altri paesi, dove si contano più procedure collettive, vi sono già approcci riguardo alla maniera di impiegare l’intelligenza artificiale. Personalmente vedo una buona opportunità nell’ambito della ricerca, ad esempio grazie al sito web justement.ch, che contiene un’applicazione basata sull’IA. Questa applicazione mette in correlazione le sentenze dei Tribunali cantonali e dei Tribunali federali mediante un’interfaccia Open AI. Chi crea un conto, che al momento è ancora gratuito, ottiene risultati incredibili con una ricerca per parole chiave. La piattaforma entscheidsuche.ch rappresenta quasi l’antitesi rispetto a justement.ch, che è un’azienda a scopo di lucro. La piattaforma entscheidsuche.ch è stata creata da un’associazione di utilità pubblica, al fine di rendere reperibili le sentenze in un unico sito, ma funziona senza correlazione con una casa editrice e senza intelligenza artificiale.

 

La digitalizzazione implica una certa standardizzazione. Per quale motivo la giustizia è riluttante?

Perché i giuristi e le giuriste operano in maniera diametralmente opposta alla standardizzazione e si occupano di casi specifici. Per questo motivo l’uniformizzazione suscita un riflesso negativo. Naturalmente ogni caso è unico e deve essere esaminato di conseguenza, e questo approccio non deve cambiare a causa della digitalizzazione. Non bisogna standardizzare il contenuto, bensì la forma. Se i contenuti sono presentati all’interno di una forma standardizzata, se ad esempio tutti i file contengono metadati strutturati in maniera analoga, allora è possibile cercarli e trovarli utilizzando diverse banche dati. Le forme strutturate in maniera unitaria presentano vantaggi anche per la gestione della conoscenza.

 

In che misura gli obiettivi perseguiti dalla trasformazione digitale del TAF sono riconducibili a Justitia 4.0?

Non derivano direttamente da questo progetto e seguono una traiettoria piuttosto parallela. All’origine è stato il diritto penale a dare impulso alla trasformazione digitale della giustizia, poiché in questo ambito i Cantoni e le loro polizie devono lavorare in stretta collaborazione. In seguito si è aggiunto anche il diritto civile tramite la CDDGP e il contributo del Tribunale federale, da cui in un secondo tempo ha tratto origine Justitia 4.0 come organizzazione a sé stante. All’inizio il diritto amministrativo è stato esplicitamente messo da parte ed è stato reintegrato solo successivamente.

 

Perché?

Visto che le istanze inferiori dei Tribunali amministrativi sono unità amministrative, si pone la questione della separazione dei poteri. Il potere giudiziario non può prescrivere al potere esecutivo quali software o quali formati di file deve utilizzare. Tuttavia l’obiettivo perseguito da una piattaforma come quella di Justitia 4.0 ha senso solo se vi partecipa il maggior numero di parti interessate. Rimangono ancora aperte un paio di domande di delimitazione, ma non possiamo tenerci in disparte mentre è in corso questa enorme trasformazione digitale della giustizia. Per cui facciamo attenzione a rimanere compatibili con Justitia 4.0, con cui ci consultiamo spessissimo, anche se in linea di principio la nostra evoluzione digitale segue un percorso autonomo.

 

Diamo uno sguardo al futuro: in avvenire che ruolo avrà l’intelligenza artificiale nell’attività giudiziaria?

Credo che fra due o tre anni ci saranno applicazioni in grado di redigere automaticamente i fatti e di riassumere la sentenza vagliando l’essenziale. L’IA ridurrà una parte del lavoro in quanto ci sottoporrà una proposta, permettendoci così di avanzare meglio e più rapidamente. Attualmente vi sono già prodotti per anonimizzare le sentenze, utilizzati da diversi Tribunali e testati al TAF nell’ambito di eTAF. Ma a mio avviso nessun giurista deve temere che il suo lavoro diventi superfluo a causa dell’IA. Per contro è possibile che i giuristi che non possono o non vogliono utilizzare la tecnica siano sostituiti da altri giuristi pronti a farlo.

 

Dunque il lavoro di Cancelliere esisterà ancora fra dieci o venti anni?

Assolutamente sì. Ma il modo di lavorare cambierà poiché ricorreremo sempre più all’ausilio di software, proprio come fanno già gli avvocati. È quasi una sorta di corsa agli armamenti. Per le memorie di diverse centinaia di pagine, come quelle che riceviamo in alcune Corti, corredate di decine di raccoglitori federali di allegati, i software possono essere di grande aiuto. Ad esempio possono creare automaticamente un registro delle censure, in modo tale che il Cancelliere possa concentrarsi sul lavoro creativo e avvincente, ossia come contrastare la censura. L’IA può aiutarci ad ottenere una vista d’insieme, il che ci consente di scrivere sentenze più brevi, mettendo da parte il superfluo. L’IA è anche un ottimo rimedio contro l’ipergrafia, o per lo meno è ciò che mi auguro.

 

A proposito di ipergrafia: le chatbot legali impiegate negli studi legali sono paragonabili a robot di conversazione come ChatGPT?

A questo proposito bisogna distinguere due diversi metodi: le chatbot classiche che esistono già da tempo, e sono programmate in maniera deterministica, ossia funzionano secondo il principio «se-allora» alla stregua di un diagramma di flusso. Per contro ChatGPT è probabilistico e attinge più o meno da tutto ciò che trova su Internet. In parole povere, calcola la probabilità che una certa parola ne segua un’altra. In questo modo costruisce frasi complete che sembrano formulate da esseri umani. Uno dei grossi svantaggi consiste nel fatto che dal punto di vista tecnico è praticamente impossibile documentare l’origine di tali probabilità.

 

Oltre ai robot di conversazione le IA generano anche immagini. A chi appartiene il diritto d’autore di questi prodotti?

Negli USA si registrano i primi casi in questo settore. Ad esempio, riguardo all’IA Dall-E che genera immagini sorgono due domande: chi ha creato l’immagine e chi ne è l’autore? Una macchina o una persona? La persona che la ha programmata o il proprietario della macchina? Dato che il metodo probabilistico ha bisogno di molto input, si pone inoltre la domanda: è lecito utilizzare contenuti esistenti, o si tratta di una violazione del diritto d’autore? I programmi di IA che generano immagini, estraggono informazioni, le trasformano e le rivalorizzano. Le informazioni copiate via Internet da server terzi sono copie ai sensi del diritto d’autore? Queste questioni sono ancora da chiarire e questi esercizi di stile accademici daranno esiti diversi da un paese all’altro. Probabilmente ci vorrà anche una nuova legislazione, visto che nel campo della digitalizzazione vi sono continuamente deroghe al diritto d’autore. L’IA potrebbe essere un motivo per una tale legge modificativa, magari complessiva.

 

Intervista: Katharina Zürcher

Ritratto Lukas Abegg

Lukas Abegg lavora dal 2013 come Cancelliere della Corte II – eccetto un’interruzione di un anno durante il quale ha scritto la tesi di dottorato a Berlino, intitolata «Violazione dei brevetti mediante fabbricazione additiva (stampa 3D).» Da febbraio del 2021 il quarantunenne specialista del diritto dei marchi, dei brevetti e del diritto d’autore dedica con piacere alcune ore anche al lavoro di Cancelliere presso il Tribunale federale dei brevetti: «i processi civili con i dibattimenti, le arringhe e le assunzioni delle prove sono molto vari.» Il lucernese che ha studiato a Basilea, vive a Winterthur con sua moglie che ha conosciuto al TAF e con i loro due figli di due e quattro anni.

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